150 milligrammi – Recensione
Irene Frachon, una pneumologa dell’ospedale universitario della piccola cittadina francese di Brest, ipotizza l’esistenza di un legame fra l’assunzione del farmaco Mediator, sul mercato da una trentina d’anni, e il decesso di alcuni suoi pazienti e comincia una dura battaglia contro l’Agenzia Francese del Farmaco – e soprattutto contro il colosso farmaceutico che lo produce – per ritirarlo, insieme al gruppo di ricerca farmacologico del suo ospedale, guidato dal professore Antoine Le Bihan (Benoît Magimel).
“150 milligrammi” (“La fille de Brest”) è ispirato alla battaglia combattuta tra il 2009 e il 2010 dalla “vera” Irene Frachon, una Erin Brockovich impegnata in una lotta alla Davide contro Golia, impetuosa come le onde di quel mare in cui ama tuffarsi e che, alla fine, sembra opprimerla. Una persona perbene, un’eroina “normale” nella quale è facile immedesimarsi, soprattutto per l’interpretazione volitiva e istrionica dell’attrice danese Sidse Babett Knudsen, capace di rendere sul grande schermo ogni emozione. La pellicola, a metà tra il medical drama e il thriller giudiziario, è caratterizzata dal forte realismo (alcune scene in ospedale sono fin troppo crude) e dal ritmo serrato. Anche se l’epilogo della vicenda è prevedibile, la regista Emmanuelle Bercot riesce a mantenere viva l’attenzione e il pathos fino al climax finale.
Monica Scillia