La forma dell’acqua – Recensione
Elisa (Sally Hawkins) vive in un piccolo appartamento sopra un cinema e, ogni notte, fa le pulizie in un laboratorio scientifico di Baltimora. La sua vita scorre tranquilla, giorno dopo giorno, sempre uguale: Elisa è molto riservata, intrappolata in un mondo di silenzio e solitudine. Le uniche persone con cui ha stretto un legame sono la collega Zelda (Octavia Spencer) e il vicino di casa Giles (Richard Jenkins), un talentuoso illustratore che però è stato licenziato. Una notte, nel laboratorio, gli scienziati introducono una strana creatura anfibia, allo scopo di studiarla e di utilizzarla nella Guerra Fredda contro i russi. A poco a poco, Elisa e la creatura stringono un tenero legame fatto di gesti e di sguardi, che scatenerà la curiosità e la perfidia del dispotico colonnello Strickland (Michael Shannon).
Già vincitore del Leone d’oro all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e candidato agli Oscar 2018 come Miglior film e Miglior regista, “La forma dell’acqua – The shape of water” è il film più riuscito di Guillermo Del Toro. La pellicola attinge a piene mani dall’archetipo de “La Bella e la Bestia”: la protagonista di questa fiaba dark, però, è una donna dalla bellezza non convenzionale che si innamora di un mostro più umano degli umani, in grado entrare nel suo mondo e di non farla sentire diversa. Bravissima Sally Hawkins, che veste i panni di una Amelie degli anni Sessanta (vedi la scena iniziale, in cui mostra allo spettatore la sua routine quotidiana), tenera ma anche sensuale – con tanto di nudo integrale, che non stona assolutamente con il suo personaggio – in grado di mostrare l’amore con gli sguardi e non con le parole, troppo spesso sopravvalutate. Altrettanto brava Octavia Spencer, logorroica amica della protagonista, che decide di assecondare il suo folle progetto d’amore ed è capace di smorzare la tensione con battute e intermezzi di comicità involontaria anche nei momenti più drammatici. Oltre al cast eccezionale (tant’è che la Hawkins, la Spencer e Richard Jenkins sono candidati all’Oscar) meritano anche la colonna sonora – con le musiche di Alexandre Desplat, che sottolineano i momenti più intensi tra Elisa e la creatura – e la fotografia del danese Dan Laustsen, che esalta i colori della scenografia di Paul D. Austerberry.