A casa tutti bene – Recensione
Paolo (Stefano Accorsi) è uno scrittore quarantenne in crisi, alle prese con un matrimonio fallito e reduce da un viaggio in bici nella Terra del fuoco per ritrovare l’ispirazione. Il fratello Carlo (Pierfrancesco Favino) deve fronteggiare le insicurezze della moglie Ginevra (Carolina Crescentini), gelosa dell’ex Elettra (Valeria Solarino). La sorella Sara (Sabrina Impacciatore), invece, cerca di ritrovare l’intimità col marito Diego (Giampaolo Morelli), sempre in viaggio per lavoro. Tutti raggiungono l’isola dove si sono trasferiti i loro genitori, Alba (Stefania Sandrelli) e Pietro (Ivano Marescotti), che organizzano una piccola cerimonia per festeggiare le nozze d’oro, invitando anche la pecora nera della famiglia, il nipote Riccardo (Gianmarco Tognazzi) con la fidanzata Luana (Giulia Michelini), e suo fratello Sandro (Massimo Ghini), assistito dalla compagna Beatrice (Claudia Gerini). Apparentemente, la famiglia sembra andare d’amore e d’accordo, ma una mareggiata costringe tutti gli ospiti a trattenersi sull’isola più del previsto: nelle ore che seguiranno, verranno a galla tutte le questioni rimaste in sospeso.
“Dicono che la famiglia sia il nostro punto di partenza, poi di fuga e alla fine diventi quello di ritorno”: dopo una lunga parentesi americana, anche Gabriele Muccino torna al genere con cui ha raggiunto il successo (e che gli è più congeniale), il film corale “alla Muccino” che stavolta strizza l’occhio ai “Parenti serpenti” di Monicelli. “A casa tutti bene” riunisce alcuni dei suoi attori-feticcio (vedi Accorsi, Impacciatore, Favino e Sandrelli) e dipinge un quadro di personaggi molto riusciti e altrettanto ben interpretati, come il patetico e livoroso Riccardo di Gianmarco Tognazzi e la fidanzata coatta a cui presta il volto Giulia Michelini, l’unica capace di squarciare il velo dell’ipocrisia che avvolge la famiglia. Molto intenso anche il ruolo di Claudia Gerini, sempre più versatile, che affianca un Massimo Ghini altrettanto sorprendente e particolarmente credibile nei panni di un malato di Alzheimer, mentre Sabrina Impacciatore e Pierfrancesco Favino si confermano tra gli attori più talentuosi della loro generazione. Non possiamo inserire in questa categoria Stefano Accorsi ed Elena Cucci, a cui sono affidati i dialoghi più banali di tutto il film, che invece di essere romantici risultano ansiogeni (forse perché sono recitati col fiatone?). Potrebbe essere caricaturale ma invece è riuscitissima la Ginevra di Carolina Crescentini, completamente calata nel personaggio alla “Boris” che regala degli effetti comici involontari. Senza voto, invece, i trenta secondi di Tea Falco. Anche se l’idea di fondo non è particolarmente originale, probabilmente questo è l’esperimento mucciniano più riuscito, in cui il regista fonde il tema della crisi matrimoniale di “Ricordati di me” e le insicurezze dei trentenni/quarantenni raccontate ne “L’ultimo bacio” e in “Baciami ancora”, passando anche per le dinamiche adolescenziali alla “Ecco fatto”: anche se non mancano le scene di litigi piene di enfasi a cui il regista ci ha abituati, queste non rappresentano il centro del film, ma sono funzionali a raccontare la complessità dei personaggi e le varie sfaccettature delle relazioni, sottolineate dalle coinvolgenti musiche di Nicola Piovani.
Monica Scillia