Loro 2 – Recensione
Una deriva pop parecchio più marcata caratterizza “Loro 2”, seconda parte del film di Paolo Sorrentino su Silvio Berlusconi: tanto era azzeccato il lavoro di sottrazione operato nella prima parte, quanto invece qui l’onnipresenza del cavaliere pronto a tornare dall’esilio diventa ossessiva, onnipresente, eccessiva, non solo per il lavoro istrionico di Toni Servillo e delle sue protesi facciali, delle battute, delle barzellette e delle canzoni cantate da un napoletano in falso napoletano.
La sensazione è quella di un vecchio tormentone estivo di dieci anni fa, che riascoltiamo con benevolenza per le prime due volte, ma che in tempi rapidi “stucca” e fa venire voglia di spegnere la radio o di sparare a volume “fine di mondo” del black metal norvegese. Una ossessività che traduce quella reale che ha pervaso il Paese negli ultimi venti anni? Se così fosse sarebbe una metafora fin troppo scontata, troppo cronachistica e “onesta”, ma proprio perché troppo onesta inevitabilmente traditrice della necessità del cinema di dire anche altro.
Manca dunque qualcosa – a mio modesto parere, come avrebbe detto Sergio Brighenti – manca qualcosa in una seconda parte caratterizzata in larga misura da macchiette e biasimo. Un approccio travagliesco, più che sorrentiniano, in cui si mettono in fila elementi di cronaca, giudiziaria e di costume.
Un lavoro che pone questa opera di Sorrentino al di sotto per riuscita rispetto all’altro film politico del regista, “Il divo”, in cui Servillo-Andreotti riusciva a essere qualcosa di più dell’insieme delle note di cronaca o delle imitazioni da Bagaglino (quest’ultimo, peraltro, citato nella prima parte).
Manca l’accusa a LORO, tutti gli altri, pure noi, per quello che in questi ultimi venti anni è successo. Lo dice lo stesso Silvio/Servillo quando prova a intortare una casalinga di Voghera, “la colpa non è TUA”, ma sempre di qualcun altro. Silvio-Servillo fa credere alla casalinga che la COLPA sia del marito che è scappato con un’estetista di 24 anni: questa seconda parte di film non fa altro che farci credere che invece la COLPA è sempre e solo di Silvione nostro.
Un film che rischia di essere “ad personam”, che unisce alle accuse lo sberleffo: Silvio umiliato da una giovane che si nega e poi insultato da Veronica Lario di fronte al personale di servizio con lo stesso epiteto, “patetico”, i riferimenti all’essere vecchio, con la dentiera, irrimediabilmente riluttante a riconoscere il crollo imminente. Crollo che avverrà poi fisicamente, nel finale, in una delle scene più devastanti: il terremoto in Abruzzo del 2009, con Silvio di nuovo Premier, come se il Paese sfogasse in superficie i sintomi del suo capo di Governo (un’altra metafora troppo facile?).
Non mancano perle di indubbio valore, una su tutte la finta fiction “Congo Diana”, in cui Sabina Began/Kasia Smutniak è protagonista di un promo Mediaset dedicato alla “people’s princess” tra i bimbi poveri e neri (in un mosaico di altre improbabili fiction con altrettanto improbabili protagoniste femminili): una doverosa citazione a “Boris”, LA serie italiana che proprio Sorrentino (o forse era Garrone?) aveva reclutato per un cameo.
Paolo Giannace