Napoli Velata – Recensione
Adriana (Giovanna Mezzogiorno) è una anatomopatologa introversa e solitaria: una sera, mentre assiste a una “figliata dei femminielli” messa in scena da Pasquale (Peppe Barra) nel salotto borghese di sua zia Adele (Anna Bonaiuto), Adriana conosce il giovane Andrea (Alessandro Borghi), che le propone di trascorrere la notte insieme. Al risveglio, Andrea la saluta teneramente e le dà appuntamento per il pomeriggio successivo: per Adriana sembra essere l’inizio di una storia d’amore, ma si troverà presto a fare i conti con un mistero che la porterà a scavare nel passato della sua famiglia e ad affrontare il suo presente.
Napoli è la vera protagonista di “Napoli Velata”, il noir di Ferzan Ozpetek, nelle sale a meno di un anno dall’uscita di “Rosso Istanbul”: la città – a cui il regista dedica anche la sua pellicola – è raccontata attraverso alcuni luoghi simbolici. Lo spettatore accompagna Giovanna Mezzogiorno nei vicoli dei Decumani, attraversando le mille contraddizioni della cultura partenopea che intreccia sacro e profano, tra un consulto alla veggente e una visita guidata alla farmacia degli Incurabili, fino alla scena finale ambientata nella Cappella Sansevero che ospita il Cristo velato. Il film è intriso di simbolismi – il velo (che nelle parole del regista “non occulta, ma svela”), l’occhio, l’utero, la scala, i numeri, le maschere – ma rivela anche una sceneggiatura ricca di contraddizioni e di dialoghi poco credibili, che non rendono giustizia a un cast di donne “carnali” (Luisa Ranieri, Lina Sastri, Isabella Ferrari) e al talento di Alessandro Borghi. Bollino rosso per la scena di sesso con la Mezzogiorno, che ritorna dopo 4 anni e che ritrova Ozpetek con cui aveva lavorato ne “La finestra di fronte”: perfetta nel ruolo di una donna che sembra fredda e assente, ma invece nasconde un groviglio di emozioni.
Monica Scillia